Compendio Popolare della Storia di Pavia
Si tratta di un libro pubblicato nel 1911, di seguito la presentazione di Mons. Faustino Gianani.
PRESENTAZIONE
di Mons. Faustino Gianani
Questo volume non è per i dotti; non è neppure per il pubblico; tanto meno per i critici: “Criticus procul abesto. Vade retro!”.
E’ un volume che, fatto come è, resta come in casa: è un’edizione di famiglia per quelli della famiglia; al più, anche per una ristretta cerchia di intimi amici.
E mi spiego: sono pagine di Storia di Pavia che raccontano adunque le vicende della “nostra” Città. Dico di proposito “nostra” per rilevare il valore affettivo di questa storia singolare: dove cioè più che un severo rigore scientifico, domina un affetto entusiastico, così che la forma assume spesso come un tono lirico per vicende liete e per vicende tristi.
Gli è che l’Autore, il pavese Luigi Ponzio (1846-1917), tipografo, come visse intensamente la vita di Pavia del suo tempo, così rivolse la sua attenzione alla sua vita passata, per raccontarne le vicende come gli permetteva la sua cultura.
Ho detto che egli visse intensamente la vita della sua Città. Soggiungo anche, talvolta, polemicamente: era giornalista! e allora egli rivelava una cultura superiore a quella del semplice popolano. Sfogliando per caso la “Gazzetta di Pavia” dove egli scriveva, mi incontro in un articolo (19-20 luglio 1903) dove egli difende – contro basse manovre – il diritto di Camillo Brambilla patriota, storico, numismatico, ad essere ricordato nel Famedio della Città. Anzi, ci sorprende che egli, senza alti titoli di studio, abbia commemorato, il 1° giugno 1902, nel ridotto del Teatro Fraschini, il prof. Carlo Magenta sotto l’aspetto dell’insegnante, del politico e dello storico: che era una bella audacia.
Stampò coi tipi proprii, varie cose di carattere pavese, come un Dramma di Pasquale Massacra, un Assedio di Pavia; ma è curioso che la Storia di Pavia – egli la chiama “Compendio popolare” - sia uscita – era l’anno 1911 – coi tipi dell’ Editrice Fusi: forse perché egli, per un volume così poderoso e ricco di illustrazioni, non disponesse, allora, di materiale sufficiente.
“Compendio popolare”: così egli ha chiamato la Storia di ben 472 pagine. “Habemus confitentam reum!”
Comunque sia, questo “Compendio popolare”, con gli inevitabili difetti che comporta, rimane una testimonianza dell’affetto che un modesto popolano ha saputo nutrire per la sua Città.
E’ come un documento d’anima.
E ancora come tale, potrà forse, un giorno, aggiornato conforme alla critica storica imponente da quegli anni lontani sino ai nostri, prendere il suo modesto posto tra così tanta e varia letteratura pavese.